L'ALLEVAMENTO




OBIETTIVI DI QUESTA LEZIONE
Riflettere sulle modalità e le problematiche dell'allevamento
Riflettere sugli impatti ambientali dell'allevamento intensivo
Valutare le scelte e decisioni relative a problematiche (ambientali, sociali, economiche...) legate all'allevamento ai fini alimentari

COSA TI SERVE PER COMINCIARE?
Riuscire a ipotizzare le conseguenze di scelte di tipo tecnologico riconoscendo in ogni innovazione opportunità e rischi


1.LA ZOOTECNIA

La zootecnia è la scienza che si occupa delle pratiche di allevamento e sfruttamento degli animali domestici.

Nella storia dell’uomo l’addomesticamento degli animali ha contribuito ad un cambiamento importantissimo. Senza gli animali ed il loro contributo allo sviluppo dell'agricoltura, non sarebbe stata possibile la cosiddetta rivoluzione neolitica, la prima delle grandi rivoluzioni agricole che si sono verificate nella storia dell’umanità, che ha portato al passaggio da un’economia nomade, basata su raccolta e caccia ad una basata sull’agricoltura e la stanzialità.
Secondo le ultime stimei sono circa 3 miliardi i bovini, gli ovini e i caprini oggi allevati nel mon­do. Se sommiamo a questi i circa 900 milioni di maiali, 6 miliardi di polli e 1 miliardo circa di altri animali (conigli cavalli, cammelli, animali da pelliccia ecc.) si ottiene un totale maggiore di 10 miliardi di animali in allevamento, cioè circa due animali per ogni essere umano.
Gli animali d’allevamento, infatti, oltre a rappresentaresino alla rivoluzione industriale, la più importante fonte di energia e di forza lavoro, hanno garantito la disponibilità di alimenti ricchi di proteine, sia con le carni sia con i prodotti latteo- caseari. Essi sono anche importanti fornitori di materie prime per attività industriali ed artigianali, come la lana e le pelli, con le quali si confezionano abiti, scarpe ed altri articoli di pelletteria, nonché i principali produttori di concime organico, necessario per rinnovarne la fertilità dei terreni.



2.GLI ANIMALI DA ALLEVAMENTO


animali da carne: bovini, suini, ovini, ed in piccola parte anche equini sono i principali fornitori di carne rossa nella società odierna. Attualmente un ruolo di primaria importanza, visto l’aumento vertiginoso del consumo di carne bianca, lo ha assunto l’avicunicoltura, cioè l’allevamento di polli, tacchini, oche, conigli che un tempo era considerata una produzione solo domestica
animali da latte: bovini, ovini e caprini

animali da lavoro: nelle società più avanzate, come la nostra, il ruolo degli animali nel lavoro è cambiato, non più bovini ed equini per i campi o il trasporto, ma cani addestrati che aiutano l’uomo nella pastorizia, nella guida dei non vedenti, nella sorveglianza ed in alcune operazioni di polizia, nel salvataggio. Inoltre un settore in via di sviluppo è l’allevamento dedicato agli animali da compagnia, attività lavorativa impegnativa, ma anche redditizia. 

I BOVINI
I bovini sono stati addomesticati fra il 10.000 e l’8000 A.C. nell’area Medio-Orientale. Essi richiedono molta cura, strutture moderne ed adeguate per l’allevamento ma sono senza dubbio gli animali più utili e redditizi. Possono essere allevati a stabulazione fissa o a stabulazione libera e sono selezionati in base all’attitudine a produrre carne, latte o lavoro. L ’utilizzazione della carne è comunque sempre possibile macellando i capi a fine carriera. Oltre alla carne e al latte forniscono le pelli e, in molte zone del mondo, la forza muscolare per il lavoro nei campi. A seconda del ruolo di utilizzo e, naturalmente del sesso, i bovini sono classificati in diverso modo:
I maschi si distinguono in tori se destinati alla riproduzione, buoi se destinati al lavoro dei campi; vitelli manzi se destinati al macello. Le femmine per la produzione del latte sono dette vacche (termine tecnico) o mucche (termine popolare); le giovenche, dette anche manze o vitelle, sono quelle destinate al macello.

Per riconoscere le diverse specie di bovini si deve osservare soprattutto la forma del corpo.
Le razze da latte hanno un "corpo a tronco di cono" perché gli apparati più sviluppati sono quello circolatorio e quello respiratorio: per ogni litro di latte prodotto nella mammella circola­no circa 400 litri di sangue.

vacca da latte (frisona italiana)
I bovini da carne si presentano invece “a forma di botte"; gli apparati più sviluppati sono quello digerente e quello muscolare perché questi animali trasformano i foraggi ingeriti in carne, costituita appunto soprattutto da muscoli.

vacca da carne (blu belga)
Il bufalo, è una specie bovina originaria delle zone umide e paludose delle regioni tropicali dell’Africa e dell’Asia, che vive sia allo stato selvatico che domestico.

esemplari di bufalo italiano

L’allevamento bufalino è diffuso nel sud Italia fin dal 1300, in particolare tra il Lazio meridionale e la Campania  grazie alla natura paludosa di queste aree. I bufali sono allevati esclusivamente per la produzione del latte, abbondante nei periodi invernali, trasformato poi successivamente in formaggi DOP (denominazione di origine protetta) molto apprezzati come burro, ricotta, caciocavallo, provola e la famosissima mozzarella

SUINI

I suini vengono allevati a stabulazione libera, soprattutto nelle province di Mantova, Parma; Reggio Emilia e Modena, in strutture di grandi dimensioni (le porcilaie) che possono ospitare da 1000 fino a 5000 animali, per la produzione di carne e di insaccati (prosciutti, salami). Il suino maschio è detto verro, mentre la femmina è denominata scrofa. I suini sono animali onnivori, si nutrono di ogni tipo di alimento, ma negli allevamenti industriali vengono invece nutriti con mangimi a base di orzo, mais, crusche e composti misti. L’ ingegneria genetica ha sviluppato una razza di suini la cui carne risulta poco grassa.

OVINI

Pecore e capre vengono allevate con metodi estensivi o semintensivi, prevalentemente nelle regioni centro-meridionali per la produzione di carne, latte e, nel caso delle pecore, di lana. Il maschio della pecora è detto ariete.

POLLAME



L’avicunicoltura cioè l’allevamento di polli, tacchini e conigli è praticata principalmente nelle regioni settentrionali. Fino agli inizi degli anni ’80 i polli venivano allevati in gabbie (dette batterie) nei capannoni delle aziende agricole, dove la luce restava accesa circa 18 ore al giorno per far sì che gli animali si alimentassero costantemente e crescessero in fretta. Oggi invece l’allevamento è di tipo ruspante, cioè i polli sono allevati a terra e lasciati liberi in spazi controllati per facilitare la ginnastica funzionale dell’animale stesso.

API



L'apicoltura (l’allevamento delle api) è spesso considerata un'antica arte nata nei secoli scorsi e tramandata fino ai giorni nostri. Nel corso del tempo ha subito notevoli miglioramenti che hanno portato ad un concetto più razionale questo allevamento. Oggi questo tipo di attività per cui la principale fonte di reddito è il miele e la cera, sta vivendo un particolare periodo di sviluppo. Il miele è di colore e sapore diverso a seconda delle coltivazioni presenti nella zona, ma questo non è l’unica fonte di guadagno poiché ci sono altri prodotti dell’alveare meno noti ma altrettanto ricercati come i propoli, la pappa reale. Gli allevatori più esperti sono in grado di dare in affitto gli sciami per impollinare le coltivazioni, l'allevamento selettivo delle api regine, la vendita di famiglie di api.

3.LE PRATICHE DI ALLEVAMENTO DEL BESTIAME

L’attività di allevamento consiste nel far crescere e riprodurre le specie di animali domestiche. Gli esseri umani hanno modificato piante e animali sin da quando sono stati introdotti l’agricoltura e l’allevamento (circa 14.000 anni fa) selezionando e incrociando le varietà di animali e vegetali che meglio rispondevano alle loro esigenze. Oggi l’allevamento del bestiame è una attività industriale che sfrutta tecnologie sempre più all’avanguardia per il raggiungimento della produzione ottimale, ma è anche una piattaforma di sperimentazione per l’attività scientifica tesa alla ricerca di miglioramenti genetici per le razze allevate attarverso l’introduzione di tecniche moderne come la fecondazione in vitro, il congelamento degli embrioni, la clonazione e l’ingegneria genetica.
Esistono tre tipologie diverse di allevamento:

Allevamento Estensivo (detto anche brado o pastorale).
E' tipico di quelle zone dove sono disponibili grandi spazi aperti nei quali gli animali possono essere lasciati liberi di pascolare su superfici immense dove vivono e si riproducono liberamente. Negli allevamenti allo stato brado, le mandrie o le greggi non hanno un luogo di ricovero e passano tutta la loro vita al pascolo seguiti da pochissimi addetti con l’aiuto di cani specificatamente addestrati. Le razze allevate con questo sistema sono perlopiù sfruttate per la carne. In Italia si pratica nelle zone montane e collinari soprattutto per gli ovini.

allevamento estensivo

Allevamento Semintensivo (detto anche a stabulazione libera)
E' tipico delle aziende agrarie di piccola e media dimensione, dove gli animali hanno un ricovero fisso notturno, ma sono liberi di muoversi anche all’aperto, per permettere la cosiddetta ginnastica funzionale. In questo tipo di allevamento gli animali sono alimentati con foraggi prodotti dalla stessa azienda agricola. Gli allevamenti in stalle presumono l’utilizzo di mano d’opera specializzata per il foraggiamento, la pulizia e soprattutto la mungitura della bestia

allevamento semintensivo, a stabulazione libera

Allevamento intensivo
 L'allevamento intensivo si è diffuso in Italia negli anni del boom economico (1960-1965) con lo scopo di aumentare la produzione di carne, uova e latticini, abbattendone i costi di produzione in modo da rendere questi alimenti adatti al consumo di massa. L’ animale viveva tutta la sua vita in spazi limitati chiamati poste. In ogni posta stazionava un solo animale che trovava davanti la mangiatoia rifornita dall’agricoltore. L’insorgere di malattie dovute alla assenza di esposizione al sole e alla mancanza di movimento ha mandato in disuso questa pratica. Oggi le caratteristiche degli allevamenti intensivi sono molto cambiate perché vengono considerate di primaria importanza la tutela degli animali, e la loro igiene, la qualità dei prodotti e l’impatto ambientale che deriva da questo tipo di allevamento.
Sulla base di queste considerazioni, le leggi che regolano il mondo degli allevamenti intensivi variano da Paese a Paese.

allevamento intensivo

4.IMPATTI AMBIENTALI DELL'ALLEVAMENTO

Latte e carne sono gli alimenti più dispendiosi dal punto di vista ambientale, basti pensare alla perdita di milioni di ettari di terra coltivabile (che potrebbero essere usati per produrre vegetali per il consumo diretto degli uomini), oltre all'uso indiscriminato di fertilizzanti e pesticidi chimici per tutelare i foraggi e l’enorme consumo d'acqua in un mondo irrimediabilmente assetato.

Nel 2006, uno studio della FAO ha dimostrato che il settore dell’allevamento contribuisce per il 15% all’inquinamento del pianeta attraverso emissioni dannose di gas serra. All’interno di questa voce, la maggior quantità di emissioni è dovuta al bestiame bovino che richiede 28 volte più territorio, 11 volte più acqua ed emette 5 volte più gas a effetto serra e 6 volte più composti dell’azoto delle altre tipologie di allevamento.
Se pensiamo che ogni americano mangia ogni anno più di 25 chili di carne di vitello, circa mezzo chilo alla settimana e che questo equivale a circa 3,7 milioni di km2 per la coltivazione del foraggio e il terreno da pascolo, (circa il 40% di tutto il territorio della nazione), 45 miliardi di m3 d’acqua e il 50% dei fertilizzati utilizzati complessivamente in un anno, il dato suona inquietante. Nonostante non si raggiungano questi picchi anche in Europa il consumo di carne è molto alto e, in ogni caso, tutti gli indicatori prevedono per i prossimi decenni un ulteriore aumento del consumo di carne. Ecco perché si ritiene indispensabile la ricerca di modi per rendere la sua produzione e il suo consumo più sostenibili. Sia per la salute che per l’ambiente.

CONSUMO DI ACQUA
Il concetto di Water Footprint (impronta d’acqua) è stato introdotto negli ultimi anni per misurare quanti litri d’acqua vengono usati per l’agricoltura, l’allevamento e le attività umane in generale. Ovviamente per ogni prodotto è considerato l’impatto diretto e quello indiretto. Per esempio per l’allevamento l’impatto diretto è dato dall’acqua usata per abbeverare l’animale, mentre quello indiretto è dato dall’acqua usata per produrre il cibo per l’animale.

Consumo d'acqua, in litri, per le principali produzioni agricole e zootecniche

Sommando impatto diretto e indiretto, infatti ci vogliono in media 15.000 l di acqua per produrre 1 kg di carne bovina (ca 21.000 l di media in Italia), 4800 l per 1 kg di maiale, 3900 l per 1 kg di carne di pollame. Dei 15.000 l per produrre carne bovina, circa 200 l sono diretti (ossia quelli usati per abbeverare l’animale) e i restanti sono indiretti (ossia sono i litri di acqua usati per andare a produrre il cibo per il bovino). Per quanta riguarda l’origine, invece, 250 l provengono da acqua di falda, mentre i restanti provengono principalmente da acqua piovana. Bisogna poi tenere presente che spesso questa risorsa preziosa è inquinata a causa di pesticidi e diserbanti usati per le coltivazioni agricole e che il frequente ricorso ad antibiotici per rinforzare gli animali e farli crescere più in fretta non fa che aggravare la situazione.

Impronta idrica della produzione di carne in Italia e nel mondo

CONSUMO DI SUOLO


Circa 3,5 miliardi di ettari di terra (ossia il 70% della terra coltivabile del pianeta) sono destinati alla produzione animale. Di questi, 470 milioni sono riservati alla coltivazione di cereali e leguminose per la produzione di mangimi. L’allevamento del bestiame, insieme all’industria del legname, è una delle cause principali della deforestazione nella regione amazzonica per procurare terra agli animali da pascolo, oppure per le coltivazioni destinate a produrre cibo per gli animali. Dopo pochi anni di pascolo però il suolo diventa sterile, e gli allevatori passano ad abbattere un'altra regione di foresta. Gli alberi abbattuti non vengono trasformati in legname da costruzione perché risulta più conveniente bruciarli sul posto.

area coltivata necessaria per ottenere 100gr di proteine

IMPATTO SUL RISCALDAMENTO GLOBALE


Sia allevamento sia agricoltura sono fonti di gas serra. In particolare si stima che agli allevamenti intesivi sia imputabile il 18% di tutte le attuali emissioni di gas serra, mentre l'intero settore dei trasporti produce solo il 13%. In più, oltre alla CO2 ed al metano, gli allevamenti intensivi sono responsabili del 65% di tutte le emissioni di ossido di azoto prodotte dall'uomo - un gas serra con 296 volte il potenziale di riscaldamento globale dell'anidride carbonica e che rimane nell'atmosfera per oltre 150 anni.
Una percentuale di questi gas, es. CO2 (anidride carbonica) è dovuta alla respirazione degli animali; come sappiamo, le piante hanno la capacità di captare anidride carbonica e trasformarla in ossigeno attraverso la fotosintesi clorofilliana, ma sono state tagliati centinaia di migliaia d’ettari di foreste, riducendo pericolosamente un elemento difensivo verso la CO2. Il metano è prodotto dai processi digestivi del rumine di bovini, ovini e caprini e dall’evaporazione dei gas contenuti nel letame. Il monossido d’azoto proviene dai fertilizzanti chimici usati in agricoltura intensiva e dal letame degli animali che, anziché di essere usato al posto di quelli, è lasciato inutilizzato ad evaporare nell’atmosfera.


Non viene tenuto conto in questo calcolo l’impatto indiretto dell’agricoltura e dell’allevamento, ossia l’emissione di gas serra dovuto principalmente al trasporto e alla lavorazione dei prodotti agroalimentari.

QUALI SOLUZIONI?
Per la FAO le emissioni di gas serra devono essere dimezzate al più presto e bisogna ridurre drasticamente il numero degli allevamenti intensivi e il consumo di prodotti d’origine animale.
Se ogni Paese riducesse appena del 10% i consumi di carne, ciò equivarrebbe per ogni italiano a 8 kg di carne in meno all’anno, ovvero 150 g a settimana, sostituendo la porzione di carne con un piatto di legumi. In parole povere un piatto ricco di proteine vegetali riduce dalle 10 alle 30 volte l’emissione di gas serra rispetto a quelle animali.
Questo semplicissimo cambiamento d’abitudini alimentari ha effetti notevoli sulla salute: per esempio, le proteine vegetali non contengono colesterolo e grassi saturi, deleteri per l’organismo.
 I cereali e legumi possono fornire tutti gli amminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni se si rispetta la nostra tradizione gastronomica mediterranea: un piatto di pasta e ceci o di pasta e fagioli è un piatto completo ed equilibrato dal punto di vista nutrizionistico. Inoltre, i legumi contengono pochi grassi, molta fibra e discrete quantità di calcio e fosforo, vit. B e, freschi, anche vit. C.

Dobbiamo essere consapevoli dell’obbligo di cambiare il nostro stile di vita, comprese le abitudini alimentari, e dell’obbligo di ridurre il consumo di carne se vogliamo contribuire ad evitare il rischio della catastrofe ambientale incombente.