Indice
L'UOMO E IL TERRITORIO
L’uomo
ha profondamente trasformato l’ambiente naturale creando, nel corso dei
millenni, un ambiente antropizzato: un paesaggio disegnato e modificato dalle
attività umane. . Le modificazioni che l’uomo attua sul territorio servono a
rendere possibili le attività umane (coltivare, abitare, spostarsi, produrre
beni, commerciare…). Queste attività, però, diventano possibili solo se tutti
gli interventi dell’uomo sono connessi tra loro e completati da altre opere dette infrastrutture o reti: si
pensi ad esempio alla rete di acquedotti che consentiva agli antichi romani di
portare l’acqua in tutte le città dell’impero, o ai sistemi di irrigazione
indispensabili per garantire la coltivazione di un terreno, o ancora alla
necessità di collegare un impianto industriale alle reti energetiche e alla
rete stradale.
|
Ogni
epoca storica ha lasciato segni ben precisi che, ancora oggi, possiamo leggere
e interpretare. Ad esempio, se una città medioevale è caratterizzata da sistemi
di mura necessarie alla difesa ed è realizzata prevalentemente in pietre
squadrate, una città moderna è invece segnata da un groviglio di reti stradali,
da periferie industrializzate e a volte degradate e da centri storici
articolati e molto frequentati.
Oggi,
almeno nella parte di pianeta in cui viviamo, è molto difficile trovare un
ambiente che non presenti alcune segno della presenza dell’uomo e possiamo
riconoscere diversi gradi di antropizzazione di un territorio a seconda che gli
interventi dell’uomo lo abbiano modificato radicalmente (come nel caso di una
città) o solo marginalmente (come può accadere per la presenza di sentieri o
tralicci dell’alta tensione in alta montagna.
EVOLUZIONE
DELLA CITTA’
La
nascita dei primi insediamenti umani stabili è da far coincidere con il momento
in cui l’uomo abbandonò le abitudini nomadi da cacciatore e raccoglitore per
dedicarsi all’agricoltura e all’allevamento; questo richiedeva
un’organizzazione sociale complessa e strutturata e la nascita di nuclei abitati
stabili.
I primi
impianti abitativi erano costituiti da capanne disposte in modo circolare così
da facilitarne la difesa. Pian piano questi semplici insediamenti cominciarono
ad articolarsi e comparve per la prima volta una differenziazione tra il centro
rappresentativo e amministrativo e le aree periferiche.
È al
popolo greco che si deve la prima vera struttura urbana che nasce intorno al V
secolo A.C.. Si trattava di un sistema organizzato all’interno di uno schema di
strade ortogonali, le principali chiamate plateiai e le secondarie stenopoi.
Non era presente il centro storico, normalmente decentrato sulle alture
chiamate acropoli, e i quartieri non presentavano evidenti differenziazioni. I
romani, partendo dall’impianto greco, diedero un’ulteriore svolta allo sviluppo
dello schema delle città. La griglia ortogonale greca restò prevalente ma
l’impianto romano si basava sugli schemi degli accampamenti militari ed era
diviso da due assi ortogonali principali al cui incrocio sorgevano gli edifici
principali (il foro) sede delle riunioni politiche, amministrative, commerciali e
religiose.
|
Nel
Rinascimento si passa all’idea della città radiocentrica, razionale e ordinata,
basata su rigidi schemi geometrici: a partire dal centro la città si sviluppa
in tutte le direzioni
|
Nel XIX
secolo si assiste a un'ulteriore trasformazione dell’impianto urbano della
città. La rivoluzione industriale stravolge infatti l’organizzazione
territoriale preesistente, provocando grandi cambiamenti. Nuove periferie non
pianificate rompono lo schema della città racchiusa dentro le mura,
sconvolgendo i centri storici, differenziando i quartieri per ceto sociale,
introducendo edifici industriali e produttivi all’interno degli spazi urbani.
|
|
i boulevard di Parigi nel quadro Jour de pluie à Paris, di Gustave Cloubert |
Si è
così arrivati alla città così come la conosciamo oggi e, nelle diverse parti
del mondo, esistono tipologie estremamente diverse di città. Qui descriveremo,
in particolare, una generica città europea.
Se, in
Europa, analizziamo una qualsiasi città o ne osserviamo una foto aerea, ci
accorgiamo che sono presenti zone molto diverse tra loro per tipologia di
edifici, di spazi aperti, per la presenza del verde o di particolari attività.
La città non è quindi un luogo omogeneo, bensì un luogo disomogeneo,
all’interno del quale possiamo distinguere zone molto differenti: il centro
urbano, i quartieri esterni e la periferia.
Il
centro urbano (chiamato anche centro storico) coincide generalmente con la
parte più antica della città e presenta caratteristiche che non è possibile
riscontrare nelle altre zone: una più alta concentrazione di edifici storici e
di monumenti, la presenza di piazze pavimentate più che di spazi verdi nonché
un’alta densità edilizia. Gli edifici più importanti (la sede Comunale, il
Duomo, il tribunale…) e le sedi di rappresentanza e le ambasciate si trovano
generalmente in questa parte della città.
I
quartieri esterni variano molto per origine, popolazione e attività ma
generalmente possono ricondursi alle prime espansioni urbane seguite alla
rivoluzione industriale concepite come piccole città autonome aventi al lor
interno i servizi principali.
|
Le
periferie rappresentano la parte più recente (e più distante dal centro) del
tessuto urbano; legata alle grandi espansioni, residenziali e industriali,
avvenute tra gli anni cinquanta e sessanta del ventesimo secolo. Si tratta di
quartieri che sono spesso cresciuti in fretta, senza servizi e collegamenti
adeguati con il centro, dando origine a veri e propri quartieri dormitorio.
|
LA GESTIONE DEL TERRITORIO
L’urbanistica
è una disciplina che studia la trasformazione del territorio da parte dell’uomo
(antropizzazione) e di cui fanno parte sia lo studio del territorio sia quello
delle città.
Con il
termine città intendiamo, oggi, l’insieme degli spazi e delle realizzazioni che
caratterizzano un insediamento umano stabile ed esteso. Il
termine territorio indica, invece, lo spazio geografico terrestre naturale o
urbanizzato ove è possibile applicare regole e fornire un’organizzazione che
segua schemi precisi. Si tratta in pratica di spazi in cui i processi
costruttivi, la qualità ambientale, il rapporto città-campagna, vengono seguiti
e regolamentati in modo da garantire pari condizioni e qualità d’uso del
territorio.
L’organizzazione
e la regolamentazione di un territorio, come di una città, richiede l’adozione
di strumenti efficaci, capaci di garantire a tutti gli abitanti pari condizioni
e il rispetto dell’ambiente. Tutto questo si è potuto realizzare solo
attraverso l’emanazione di apposite leggi valide su tutto il territorio. In
Italia la normativa urbanistica ha inizio nel 1942 quando viene emanata la
cosiddetta legge urbanistica n.1150. Quest’importante legge prescrive per la
prima volta vari livelli di pianificazione, limita l’attività costruttiva,
prevede la facoltà di espropriazione per pubblico interesse e introduce la
licenza edilizia per tutte le nuove edificazioni private.
Altre
leggi di primaria importanza per la gestione del territorio sono:
il
decreto interministeriale n.1444/68 che fissa dei limiti nell’edificazione (ad
esempio le distanze tra gli edifici o la loro altezza), nonché l’obbligatorietà
di realizzare spazi e attrezzature pubbliche per ogni nuova edificazione e la
legge n.10/77 la quale, a sua volt,a fissa un principio fondamentale e cioè che
l’edificabilità del suolo non può essere legata alla proprietà ma può essere
ottenuta solo attraverso un procedimento amministrativo di concessione: in
pratica non basta essere proprietario di un terreno per potervi costruire, ma
questa possibilità deve essere concessa dalla Pubblica Amministrazione (nel
caso specifico dal Comune).
Da tutta
questa normativa, nasce lo strumento più importante chiamato Piano Regolatore
Generale (P.R.G.) o Piano Urbanistico Comunale.
P.R.G. E REGOLAMENTO EDILIZIO
Il Piano
Regolatore Generale è il complesso di norme che regolano lo sviluppo edilizio
dei centri abitati. Il progetto e la compilazione del piano regolatore,
completo di norme applicative, è affidato al Comune che si avvale della
collaborazione di ingegneri, architetti ed esperti in urbanistica. È composto
da planimetrie del territorio comunale, in cui figurano la rete stradale, le
vie di comunicazione più importanti, le aree già costruite e quelle ancora da
costruire con l’indicazione del loro utilizzo.
|
Per
rendere queste mappe facilmente comprensibili gli urbanisti adoperano colori e
trame differenti per individuare le varie zone. Sulla planimetria di un piano
regolatore individuiamo diverse zone distinte per lettera e colori che
rappresentano altrettante zone omogenee sul territorio:
Zona A –
Centro storico (tutti gli edifici e le opere che rappresentano il passato
dell’insediamento edilizio);
Zona B –
zone di recente costruzione prevalentemente residenziale dette anche zone
sature perché non vi sono più spazi liberi per ulteriori edifici; i rimanenti
spazi vengono adibiti ad aree a verde o dedicati ai servizi;
Zona C –
zone di nuova costruzione caratterizzate da ampie aree libere capaci di
accogliere nuovi insediamenti edilizi;
Zona D –
zone destinate ad attività economiche non agricole;
Zona E –
zone esterne al centro edificato destinate ad attività agro-silvo-pastorali;
Zona F –
zone per i servizi di interesse generale (cimitero, ospedali, impianti
sportivi, ecc.);
Zona G –
zone per i servizi di interesse locale (si tratta di edifici pubblici di
interesse esclusivamente di quartiere).
Al piano
regolatore generale, si affianca sempre un insieme di norme scritte chiamate
Regolamento Edilizio che presenta caratteristiche diverse da Comune a Comune. Il
Regolamento Edilizio è l’insieme delle norme a livello comunale che fissano i
criteri edificatori garantendo così il rispetto di condizioni igienico
sanitarie, di sicurezza, tecniche, estetiche e di vivibilità degli immobili.