Il
rapporto tra sport e tecnologia esiste da sempre e oggi è più evidente che mai.
Fin dai tempi antichi, del resto, le competizioni sportive hanno sempre costituito, oltre che l'occasione per l'uomo di mettere alla prova la propria valenza fisica, uno stimolo a studiare materiali innovativi allo scopo di produrre un miglioramento delle prestazioni agonistiche. Gli stratagemmi tecnologici, infatti, esistono da sempre e in alcuni casi hanno portato a successi notevoli. Nelle Olimpiadi antiche, per esempio, i lottatori si cospargevano il corpo con unguenti per essere difficili da afferrare, ma anche le staffe per andare a cavallo fanno parte della rosa dei supporti tecnologici.
Oggi viviamo
immersi nella tecnologia e ci sembra normale che, di Olimpiade in Olimpiade, le
performance degli sportivi ci stupiscano anche per le trovate tecnologiche
messe a punto nei quattro anni precedenti. Diamo per scontato che i telai delle
biciclette tendano a essere sempre più leggeri e che le innovazioni siano
millimetriche.
Generalmente
le innovazioni tecnologiche accompagnano lo sport con piccole trasformazioni,
ma può capitare che facciano salti improvvisi: arriva il momento in cui, alle
Olimpiadi invernali, un atleta si presenta con gli sci di alluminio anziché di
legno. Dalla gara successiva quella diventa la tecnologia dominante.
Dalla
nascita delle olimpiadi moderne, nell’arco di poco più di un secolo, le
prestazioni in tutte le specialità sono incredibilmente migliorate, e a questo
fenomeno ha sicuramente contribuito il miglioramento delle
tecniche di preparazione degli atleti, ma a influire in misura rilevante sono
stati anche i cambiamenti nei materiali utilizzati nelle diverse discipline.
Ovviamente il contributo è tanto maggiore quanto più una disciplina dipende
dall’uso di un attrezzo più o meno sofisticato: il caso del salto con l’asta è
particolarmente evidente, visto che si è passati dal bambù ai metalli per
approdare prima alla fibra di vetro e poi alle fibre di carbonio variamente
strutturate, ma i materiali altamente ingegnerizzati possono fare la differenza
anche quando il loro contributo potrebbe passare inosservato.
Anche negli sport in cui l’apporto tecnologico non è così evidente, come per esempio nel nuoto, le innovazioni ci sono e vanno di pari passo agli allenamenti degli atleti, alle ore di fatica e al loro talento. Aiutano a migliorare le performance e sono al servizio delle tecniche di allenamento, degli strumenti e delle attrezzature sportive.
Fino a
qualche decennio fa i materiali utilizzati nello sport erano, fondamentalmente gli
stessi che potevamo trovare anche nell’antichità: i metalli, utilizzati
nelle armi e nelle protezioni per il corpo, varie qualità di legno, impiegati
per costruire i carri delle bighe e delle quadrighe, gli archi (famoso quello
di Ulisse) e le imbarcazioni usate nelle competizioni nautiche e le tele di
diverso spessore, consistenza e origine, sia vegetale, quali il cotone, la
canapa ecc., sia animale, come la seta. Proprio
in quest’ultimo campo, le richieste di tessuti tecnologicamente avanzati
stimolate dalla Seconda guerra mondiale e il conseguente impulso nello studio di nuove fibre, diede il via a una vera e propria
rivoluzione.
Nel
passato le fibre tessili erano ottenute esclusivamente dalla lavorazione di
sostanze naturali di origine vegetale (cotone, canapa, lino, ecc.), di origine
animale (lana e seta) o di origine minerale (lana di vetro, fibre di amianto,
ecc.). Solo in epoca recente, lo sviluppo tecnologico e la scoperta di nuovi
materiali, hanno consentito lo sviluppo di fibre artificiali e sintetiche con caratteristiche sempre più spinte per quanto riguarda la resistenza meccanica alla trazione e allo strappo, la leggerezza, l'elasticità, la stabilità termica e l'insensibilità all'umidità. Materiali così avanzati passarono rapidamente dall'uso in campo militare a quello sportivo, settore nel quale l'evoluzione è ancora in atto e mostra progressi tecnologici talmente veloci da rendere molto difficile formulare una previsione sulle loro prospettive anche in tempi brevi.
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Le tecnofibre |
Le fibre
artificiali sono fibre tessili create dall’uomo utilizzando composti esistenti
in natura come la cellulosa, il petrolio, l’azoto ed altri elementi trattati
poi chimicamente e sono del tutto assimilabili alle fibre naturali. La loro storia inizia nel 1884 quando si
riuscì a trasformare un derivato della cellulosa (la nitrocellulosa) in un filo
attraverso l’estrusione. Da quel primo passo si sarebbe arrivati in breve
tempo al rayon la prima fibra artificiale della storia.
Le fibre
artificiali più importanti, sono:
1 Rayon
o viscosa;
2
Lyocell;
3
Acetato o diacetato di cellulosa;
4
Lanital.
In questo video (in lingua inglese) potrai osservare il processo di produzione del Rayon
Le fibre
sintetiche, che risalgono agli anni tra il 1930 e il 1940, si differenziano
dalle fibre artificiali perché la materia prima da cui hanno origine non è un
prodotto naturale, ma una sostanza chimica creata dall’uomo. Si tratta di
monomeri ottenuti dalla sinterizzazione (un trattamento ad alta temperatura)
del petrolio uniti poi a formare grandi catene molecolari chiamate polimeri
come per le materie plastiche, con cui condividono pregi e difetti. Il primo
materiale sintetico, tuttora largamente impiegato, è stato il nylon, utilizzato
per il cordame delle barche a vela, per i paracadute ad alta performance, per
le tute a massima aderenza sul corpo dell'atleta aventi il fine di ridurre la
resistenza aerodinamica ecc.
Queste
fibre create in laboratorio, possono essere programmate per creare una infinita
varietà di soluzioni, adatte ad ogni necessità: possono essere meccanicamente
resistenti, non attaccabili da muffe o batteri, lucenti o opache, ma al tempo
stesso presentano l’inconveniente di non essere bio-degradabili, per cui
fortemente inquinanti.
Proprio una
fibra chimica è stata, tra il 2008 e il 2009, alla base di una straordinaria
rivoluzione nel mondo del nuoto che ha drammaticamente alterato gli equilibri
fra gli atleti e ha portato gli organismi sportivi a interrogarsi sul rapporto
tra ricerca scientifica e performance sportiva.
Parliamo
dell’Elastan (anche noto come Lycra) una fibra tessile immesz sul mercato nel
1962 dall’americana DuPont e ottenuta attraverso la filatura a secco del
poliuretano un derivato della raffinazione del petrolio.
L’Elastan è il tessuto
elastico per eccellenza e lo troviamo praticamente ovunque; la sua
caratteristica principale, insieme alla leggerezza, è l’elasticità, infatti può
essere allungata fino a 5 volte senza rompersi. Leggero, ma
allo stesso tempo, resistente all’abrasione, morbido e liscio al tatto, consente agli atleti una gestione del calore corporeo
molto più efficiente o, come nei costumi per il nuoto, una significativa
riduzione nell’attrito. Come per altri tessuti sintetici si pone il problema
della scarsa traspirabilità, ma, fortunatamente, viene sempre miscelato con
altri tessuti.
La ricerca
tecnologica alla fine del ventesimo secolo aveva portato allo sviluppo,
manifestatosi in pieno alle Olimpiadi del 2000, di costumi che, di là della
funzione puramente coprente, si proponevano di migliorare le caratteristiche di
scivolamento del nuotatore riducendo l'attrito con l'acqua. e contribuendo,
inoltre, alla biomeccanica muscolare: è stato dimostrato che i costumi
integrali che si diffondevano proprio in quegli anni, collegavano i muscoli,
aumnetandone la coordinazione e facendoli lavorare come gruppi.
Quando
nel 2008 iniziarono a diffondersi i costumi LZR della Speedo, un body suit in
nylon a basso attrito, privo di cuciture e con placche in poliuretano su gambe,
petto e fianchi, ci si rese conto che essi davano agli atleti che li
indossavano vantaggi oggettivi (enorme capacità di galleggiamento, riduzione
fino al 38% dell’attrito in acqua e tempi inferiori fino a 1 secondo sui 100
metri) indipendentemente dalla loro preparazione atletica cosicché anche atleti
mediocri divennero pericolosi; addirittura alle Olimpiadi di Pechino nelle 17
specialità di nuoto si assistette a 10 nuovi record mondiali e 3 olimpici nel
nuoto maschile; 9 nuovi record mondiali e 3 olimpici in quello femminile. In
media i primi cinque classificati nuotavano al di sotto del precedente record
mondiale.
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lo speedo LZR |
Tutto ciò portò alcuni critici a parlare di doping tecnologico dando
il via ad un movimento di opinione per la messa al bando di questi costumi,
escludendo il poliuretano dai materiali consentiti. A chiedere che questi super
costumi fossero banditi dalle competizioni furono, in primo luogo, proprio gli
atleti e gli allenatori che preferirono tornare a concentrarsi sulle basi di
questo sport, forse uno tra i più tecnici in assoluto. Così, eliminati costumi
di poliuretano a partire dal 2010 e sfumata la possibilità di affidarsi
esclusivamente ai materiali, il nuoto è diventato un ottimo laboratorio nel
quale la tecnologia serve per visualizzare, misurare e migliorare ogni singolo
gesto tecnico. Si continua a lavorare sui costumi, che adesso hanno fibre di
carbonio inserite nel tessuto per rinforzarlo, si lavora sull’idrodinamica
degli occhiali e della cuffia, ma la tecnica è tornata al centro,
concentrandosi sul modo in cui il nuotatore si muove nell’acqua e si riescono a
ottenere risultati migliori.